Nonostante le molteplici campagne di sensibilizzazione ancora oggi la violenza sulle donne anche in ambito domestico e sul posto di lavoro risultano all’ordine del giorno nella cronaca nazionale. In Italia i reati di violenza sessuale sono inquadrati tra i delitti contro la libertà sessuale, a loro volta ricompresi nella più ampia categoria dei delitti contro la libertà individuale e vengono disciplinati dagli art.609-bis e seguenti del codice penale. Art. 609-Bis c.p.: “Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
- Abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
- Traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Non assume alcun importanza esimente lo status del colpevole nei confronti della vittima, anzi esso può avere semmai significato di aggravante del delitto. L’Art. 609-Ter c.p. infatti disciplina alcune circostanze aggravanti del reato di violenza sessuale, prevedendo la pena della reclusione da 6 a 12 anni nei seguenti casi:
- violenza sessuale su minore di 14 anni;
- uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
- fatto commesso da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
- fatto commesso su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale;
- violenza sessuale commessa nei confronti di un minorenne, della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;
- fatto commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di istituti di istruzione o di formazione frequentati dalle persone offese;
- fatto commesso nei confronti di persona in stato di gravidanza;
- fatto commesso nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza.
La pena è invece della reclusione da 7 a 14 anni se la violenza sessuale è commessa ai danni di persona che non ha compiuto 10 anni. Per quanto riguarda le pene accessorie e gli altri effetti penali, di cui tratta l’Art. 609-Nonies, è previsto che la condanna o il patteggiamento della pena per uno dei reati di violenza sessuale comporti le seguenti pene accessorie:
- la perdita della potestà dei genitori, quando la qualità di genitore sia elemento costitutivo del reato o circostanza aggravante; – l’interdizione perpetua dagli uffici di tutore, curatore e amministratore di sostegno; – la perdita del diritto agli alimenti e l’incapacità successoria nei confronti della persona offesa;
- l’interdizione dai pubblici uffici se il condannato ha abusato della propria funzione;
- la sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte.
Dunque, elementi costitutivi del reato e della condotta colposa sono la mancanza del consenso o l’agire contro il consenso dell’altro per il soddisfacimento del proprio istinto o impulso del piacere sessuale. Deve quindi sussistere un valido nesso causale fra la violenza, la minaccia, l’inganno o l’abuso della propria autorità i il verificarsi dell’atto sessuale in discussione. Non si dimentichi inoltre che trattandosi di un delitto, è sempre necessario il dolo generico, il che significa che il soggetto abusante si deve rendere conto del rifiuto della vittima e di conseguenza si attiva consapevolmente e volontariamente per sopraffare l’altro con violenza, minaccia o inganno. Appare evidente che la costrizione provoca importanti disturbi prima sul piano psichico con sconvolgimento spirituale e morale e solo successivamente su quello fisico. Nella nozione di “atti sessuali” non sono compresi unicamente i comportamente antigiuridici che riguardano esclusivamente l’apparato genitale ma tutte le altre parti del corpo che secondo la scienza medica, psicologica, antropologico-sociologica, sono considerate zone erogene. Perché la condotta delittuosa si realizzi non occorre che vi sia stato un atto sessuale fisiologicamente completo, cioè che sia stato espletato un coito normale e che vi sia stato orgasmo. Non è nemmeno necessario l’introduzione del pene in vagina né la eiaculazione, è sufficiente che si verifichi una molestia sessuale che obiettivamente costituisca una lesione non consentita della libertà sessuale della persona offesa, intesa nella sua eccezione più ampia. La violenza sessuale può sopravvenire anche nel corso di un rapporto sessuale tra i due partner, nel momento in cui viene meno la reciprocità, il consenso e la libera donazione di sé all’altro. Un rapporto sessuale in una coppia infatti può nascere libero e diventare coatta e continuare con il costringimento fisico o psichico del partner. In tal caso, oltre che del delitto in esame, il colpevole può essere chiamato a rispondere anche dei delitti di percosse o di lesione personale, qualora si verifichi una lesione dell’integrità fisica o psichica della vittima.
Nei casi di violenza sessuale l’accertamento medico-legale deve essere effetttuato quanto più precocemente possibile e prima che la vittima si lavi. La procedura clinica prevede dapprima un meticoloso colloquio teso a rassicurare la persona e ad ottenere la massima collaborazione. Sul corpo della vittima, mediante l’utlizzo di guanti sterili monouso, vengono prelevati liquidi, secrezioni, matrici pilifere (peli, capelli) o altro eventuale materiale sospetto servendosi di raccoglitori sterili per raccogliere campioni di sangue, saliva, liquido seminale, urine ecc; tamponi opportunamente inumiditi di soluzione fisiologica, utili per asportare macchie sospette, al fine di consentire l’esame in laboratorio; sacchetti di carta per depositare i vestiti; speculum vaginale monouso; ano-proctoscopio monouso. Successivamente si procede ad obiettivare sulla cute i segni lesivi soprattutto in corrispondenza delle zone erogene e sui genitali. Escorazioni, abrasioni, graffiature, unghiature, ecchimosi possono rilevarsi soprattutto in corrispondenza del collo, delle regioni anteriori del torace, degli arti superiori, dei polsi, degli orifizi respiratori. Possono altresì essere evidenziati ematomi, lacerazioni o abrasioni della mucosa degli organi genitali, soprattutto in corrispondenza delle piccole o grandi labbra, il clitoride, l’uretra ed il meato uretrale, il vestibolo, l’imene, l’ostio vulvare o l’ostio vaginale, le pareti della vagina, le regioni perigenitali e la zona perianale, l’orifizio anale ecc. A livello genitale è altresì opportuno esaminare: il tono degli orifizi vaginale ed anale; l’esistenza di eventuale atonia o beanza degli orifizi stessi; la presenza di stillicidio ematico; la presenza di flogosi ecc. Frequenti da osservare sono le lesioni contusive a carico delle zone erogene: mammelle, capezzoli, glutei, orecchie, bocca, superficie interna delle cosce, ecc. Lesioni da difesa possono essere ricercate a livello delle mani. Sotto le unghie si possono trovare piccoli frustoli di cute talora utili ai fini dell’identificazione dell’aggressore mediante indagini di natura biologico-genetica. Lo scopo principale di tale indagine è naturalmente quello di accertare se il soggetto presenta segni di subita coniugazione carnale e l’identificazione dell’epoca alla quale risale l’atto delittuoso.