L’assegno ordinario d’invalidità è una prestazione concessa al lavoratore invalido. Si considera invalido l’assicurato la cui capacità di lavoro sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.
La riduzione della capacità di lavoro va valutata con riferimento alle occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato, considerando quindi i fattori soggettivi (età, sesso, esperienza professionale, ecc.) che servono a determinare le attitudini del richiedente l’assegno e la conciliabilità della patologia con il lavoro svolto. La condizione tutelata non è rappresentata dalla riduzione della capacità lavorativa generica, né specifica, bensì relativa alle occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato. Ai fini della valutazione della confacenza delle attività lavorative alle attitudini del soggetto, si dovrà tener conto, oltre che dei fattori primari della validità, rappresentati dalle infermità e dai difetti fisici o mentali, di quei fattori individuali (età, sesso, livello di preparazione professionale, capacità di apprendimento e disponibilità per nuove occupazioni lavorative) che contribuiscono ad individuare l’ambito nel quale l’incapacità di lavoro di realizza. Ne consegue dunque l’inidoneità del parametro relativo all’invalidità civile, costituito da un sistema di tabelle che individuano indici medi riferiti ad un’attività lavorativa generica, che possono essere presi in considerazione soltanto come semplice punto di partenza per un’indagine diretta ad accertare l’effettiva riduzione della capacità subita dall’assicurato in relazione all’attività svolta.
L’assegno ordinario d’invalidità è compatibile con l’attività lavorativa. È riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per periodi della stessa durata, su domanda del titolare dell’assegno, qualora permangono le condizioni che diedero luogo alla liquidazione della prestazione stessa.
Per quanto riguarda l’elemento causale dell’inabilità, la legge fa riferimento all’ampia nozione di infermità o difetto fisico o mentale, che ricomprende ogni forma di condizione patologica o di postumo, nonché le malformazioni congenite o acquisite, la cui influenza negativa sulla capacità di lavoro deve essere permanente (anche in tale ambito la permanenza va intesa in termini di previsione prognostica e non solo di certezza clinico-diagnostica).
Natura permanente della riduzione della capacità lavorativa
La natura permanente della riduzione della capacità di lavoro, ai fini del diritto alle provvidenze previdenziali, non si identifica con la definitività e immutabilità dello stato invalidante, ma richiede che esso sia connaturato alla malattia in atto, o alle terapie che si rendono necessarie in ragione della stessa, per una proiezione di durata incerta e indeterminata, non prevedibile ex ante, o che comunque sia connotato da una certa perduranza significativa nel tempo, sì da determinare una reale situazione di bisogno.
Secondo la Corte di Cassazione, invero, in tema di riduzione della capacità di lavoro, ai fini del diritto alla pensione di invalidità, il carattere della permanenza non si identifica con la definitività e immutabilità dello stato invalidante, in quanto anche un’infermità emendabile e guaribile può far luogo ad Incapacità di lavoro pensionabile e non viene meno per l’eventualità di una riduzione o eliminazione dello stato invalidante a seguito di cure medico – chirurgiche (o con l’uso di adeguati apparecchi di protesi).
Tuttavia, è necessario che la situazione patologica sia connotata da una certa perduranza significativa nel tempo, sì da determinare una reale situazione di bisogno”: il requisito della permanenza ricorre ogni qualvolta la condizione d’invalidità sia riferibile ad un’infermità di durata incerta ed indeterminata e deve pertanto essere escluso nel caso in cui la previsione di guarigione dell’assicurato, per effetto di adeguate e tempestive cure, sia affermata non in base ad una mera prospettazione ipotetica bensì, con riferimento al caso concreto, in base ad un ragionevole giudizio prognostico.
Differenze tra assegno ordinario di invalidità e assegno di invalidità civile
Mentre l’assegno d’invalidità civile è una prestazione assistenziale, l’assegno ordinario di invalidità è un trattamento economico, non reversibile, riservato ai lavoratori dipendenti del settore privato e ai lavoratori autonomi con un livello di invalidità tale da ridurre di oltre 2/3 la capacità lavorativa; si rivolge ai malati rari che, nonostante abbiano mantenuto una certa capacità lavorativa, la stessa si sia ridotta progressivamente nel tempo. Ha quindi un requisito medico-legale e uno contributivo (5 anni di contributi versati all’Inps di cui 3 nel quinquiennio precedente la data di presentazione della domanda amministrativa con la quale si chiede la prestazione)
Un’altra importante differenza è che l’assegno ordinario di invalidità non ha un importo fisso, ma viene determinato con il sistema di calcolo misto che prevede che una quota sia calcolata con il sistema retributivo e una quota con il sistema contributivo.