L’attività di consulenza medico-legale prestata dai professionisti di questo Studio Associato viene spesso utilizzata anche per risolvere intricati casi giudiziari.
Da un Pubblico Ministero di una delle più importanti Procure del Nord Italia, ci venne affidato l’incarico di redigere una consulenza tecnica, in un caso nel quale si ipotizzava il reato di tentato omicidio. In realtà, in seguito alle nostre indagini cliniche eseguite sul soggetto e dai rilievi strumentali effettuati nel corso del ricovero ospedaliero, si comprese che ci si trovava di fronte ad un tentativo di suicidio.
Dalla lettura dei dati circostanziali rilevammo che all’interno dell’abitazione dell’uomo i Carabinieri avevano rinvenuto un bossolo di pistola e che la vittima aveva riportato una ferita alla testa. Il soggetto era stato trovato dai genitori in stato confusionale nel bagno della loro abitazione, intento a lavarsi il capo sporco di sangue.
L’uomo, accompagnato dai parenti, si era recato autonomamente in Pronto Soccorso. All’esame obiettivo, effettuato dai sanitari, appariva vigile seppur confuso ed agitato, con segni di trauma diffusi al volto, estesi ematomi, escoriazioni e tumefazioni. Presentava altresì “estese ferite lacero-contuse in regione temporale destra e sinistra con perdita di sostanza”.
Venne disposta consulenza anestesiologica, che confermò l’evidente trauma cranio-facciale con perdita di sostanza cerebrale. Posizionato il collare cervicale, il degente fu sedato e trasferito in altro nosocomio, per essere sottoposto ad approfondite indagini cliniche e strumentali.
Ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva “per necessità di supporto ventilatorio”, già all’ammissione i medici segnalarono le seguenti condizioni cliniche: “ematoma sotto-durale traumatico, emorragia sub-aracnoidea traumatica, frattura della scatola cranica e maxillo-facciale”.
La Tac dell’encefalo e del massiccio facciale mise in evidenza edema cerebrale diffuso, lesioni fratturative delle ossa frontali e del parietale sinistro, della base orbitaria destra (con frammenti dislocati in sede retrorbitaria) e frattura dell’arcata zigomatica destra.
Venne quindi sottoposto ad intervento chirurgico di svuotamento di ematoma epidurale frontale.
Nel corso della procedura chirurgica fu evidenziata la “presenza di rima di frattura sagittale frontale che, a circa tre centimetri dalla glabella, si diramava fino allo pterion bilateralmente. In sede pterionale bilaterale vi erano fratture con perdita di sostanza cerebrale”.
Nelle ore successive ai fatti, come disposto dal Pubblico Ministero, accompagnati dalle Forze dell’Ordine, ci recammo presso il suddetto reparto ospedaliero e, dopo un confronto clinico con i medici ed esaminati gli accertamenti diagnostici, procedemmo alla visita del degente, sopravvissuto ma in stato di incoscienza.
A detta dei sanitari, il paziente all’arrivo in reparto, a livello delle tempie, bilateralmente, sia sulla cute che sul tavolato osseo, presentava due fori; quello di destra presentava dimensioni ridotte rispetto al controlaterale, con materiale cerebrale misto a frammenti di osso che fuoriuscivano da entrambi i fori.
Il nostro esame obiettivo, risultò inficiato, invece, dagli esiti derivati dall’intervento chirurgico. Si rilevava infatti solo la craniotomia coronale suturata con clip in metallo ed ecchimosi periorbitali bilaterali.
La lesività intracranica, ad andamento sostanzialmente orizzontale, aveva interessato la scatola cranica, la base cranica e le ossa frontali del massiccio facciale determinando la presenza di plurimi frammenti ossei dislocati in sede retro-orbitaria ed inoltre la rottura dell’etmoide (sede di infossamento di minuti frammenti ossei), del tetto, della base e della parete mediale orbitaria di sinistra che protrudeva all’interno della cavità stessa, ove è stata descritta la ricorrenza di esoftalmo (protrusione del bulbo oculare) omolaterale.
Nel corso dell’intervento chirurgico, erano stati rimossi, i segni distintivi che, “ictu oculi”, sono da considerare tipici della lesività da arma da fuoco ed in particolare del proiettile esploso a distanza ravvicinata. Non erano più evidenziabili infatti, l’ustione, prodotta dalla vampa dei gas accesi nell’esplosione del colpo, l’affumicatura, effetto del depositarsi sulla cute dei prodotti di combustione dell’esplosivo, ed il tatuaggio, causato dalla penetrazione negli strati superficiali del tegumento dei residui incombusti nella detonazione.
Tre elementi hanno avuto, dunque, una grossa rilevanza nella valutazione del caso, evidenziabili per lo più dagli esami strumentali (RX e TAC), ovvero la frattura comminuta dell’etmoide, in assenza di lesioni della piramide nasale o dell’affondamento della regione orbitaria, la protrusione del globo oculare verso l’esterno e la direzione/distribuzione, da destra a sinistra, dei frammenti ossei nei tessuti molli viciniori intra ed extra-cranici e nel parenchima cerebrale.
Detti elementi sono sostanzialmente dimostrativi di un trauma dotato di elevata energia sviluppatasi in senso latero-laterale e postero-anteriore. Le predette lesioni, dunque, sono da considerarsi, secondo la nostra consulenza, ascrivibili ad una lesività da arma da fuoco a proiettile unico, auto-inferta, che attinse lateralmente da destra la teca cranica (foro di entrata) e attraversato, verso sinistra (foro di uscita), la base cranica su un piano pressoché orizzontale.