“In caso di lesioni colpose cagionate al neonato durante il parto, è configurabile una corresponsabilità del ginecologo, nel trascurare i segnali di sofferenza fetale, e delle ostetriche, nell’omessa segnalazione del peggioramento del tracciato cardiotocografico”( Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n. 47801)
Il fatto
Alla partoriente, successivamente al ricovero, venivano praticate due induzioni del travaglio con un dispositivo ossitocico (il Propess); induzioni che intervenivano in una gravidanza fuori termine. In questo quadro già di per sé anormale, venivano rilevati i primi segnali di sofferenza fetale. Infatti, durante la condizione iniziale, il tracciato cardiotocografico veniva ritenuto non rassicurante per la presenza di alcune decelerazioni ricorrenti e variabili. Seguiva un tracciato che da “non rassicurante” veniva qualificato come “francamente anormale” cioè fortemente patologico, e così fino alla fase conclusiva del tracciato.
Questi segnali di sofferenza emergevano tra le 13.46 e le 14. 21 quando il ginecologo, subentrato in turno alle ore 14.00 aveva già preso in carico la paziente. Tuttavia il monitoraggio della partoriente veniva gestito in via esclusiva dal’ostetrica mentre il Dott. Ginecologo si rendeva unicamente reperibile.
Il ginecologo venne personalmente a conoscenza del quadro clinico alle ore 16.00 allorché fu chiamato dall’ostetrica per il verificarsi di una possibile patologia. L’ostetrica e il ginecologo procedevano con il parto naturale in occasione del quale il ginecologo eseguiva la manovra di Kristeller.
Tuttavia il distacco totale della placenta, che aveva cagionato sofferenza fetale, si rendeva responsabile delle lesioni alle aree basali dell’encefalo. Invero, i nuclei della base venivano interessati da un acuto episodio di ipossia/anossia, dal quale derivava carico del neonato una grave e insanabile malattia (tetra paresi distonica)
Responsabilità del medico e dell’ostetrica
Sulla base della presenza di indici di sofferenza fetale, il comportamento alternativo doveroso sarebbe stato, secondo i giudici di merito di primo e secondo grado, e sulla base dei contributi peritali, quello di procedere immediatamente ad estrazione del feto mediante taglio cesareo, attesi i dati del tracciato che dalle 13.46 alle 14.21, rilevavano decelerazioni ricorrenti e variabili. Un intervento tempestivo per il taglio cesareo (che doveva avvenire quasi immediatamente sulla base dei primi segnali di sofferenza fetale rilevati dal tracciato), avrebbe scongiurato il rischio che l’ipossia desse luogo al fenomeno dei acidosi metabolica alla base delle gravissime lesioni celebrali riportate dal bambino.
È da disattendere l’obiezione del medico secondo il quale, in una situazione giudicata non preoccupante e di travaglio di parto spontaneo, benché indotto, il monitoraggio doveva essere gestito in via esclusiva dall’ostetrica e il medico aveva quale unico obbligo quello della reperibilità.
Di contro, il medico ginecologo avrebbe dovuto prender conoscenza delle non rassicuranti condizioni della partoriente fin dal momento di assunzione del servizio di turno (ore 14.00); ciò lo avrebbe portato a disporre in tempo utile l’allestimento della sala operatoria per il parto cesareo.
Sul punto vale un principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il medico che succede ad un collega nel turno di reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui questo ultimo era titolare, circostanza che lo obbligava ad informarsi circa le condizioni di salute nei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano.
È necessario inoltre precisare come si configuri la responsabilità concorrente del medico ginecologo e dell’ostetrica nel trascurare i segnali di sofferenza fetale, trattandosi di attività rientranti nelle competenze di entrambe le figure professionali operanti in equipe. L’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne infatti non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio.
In conclusione, la Cassazione ha affermato che “in caso di lesioni colpose cagionate al neonato durante il parto, è configurabile una corresponsabilità del ginecologo, nel trascurare i segnali di sofferenza fetale, e delle ostetriche, nell’omessa segnalazione del peggioramento del tracciato cardiotocografico”.