Nell’esperienza del nostro Studio medico-legale si annoverano alcuni incarichi consulenziali riguardanti casi di efferati omicidi.
Nel caso di specie, in seguito ad una colluttazione avvenuta tra due soggetti all’interno del loro locale, la vittima veniva colpita con un coltello in prossimità del collo. Giungeva sul luogo dei fatti una ambulanza del 118, chiamata da alcuni astanti che avevano assistito all’evento delittuoso, ma il soggetto decedeva durante il trasporto in ospedale.
Nominati consulenti tecnici da un Pubblico Ministero di uno dei più importanti Tribunali italiani, venivamo condotti dalle Forze dell’Ordine presso la suddetta struttura ospedaliera per ispezionare il corpo del “de cuius”. Terminato l’esame esterno del cadavere, lo stesso veniva trasportato presso l’Istituto di Medicina Legale per essere sottoposto ad autopsia.
Scopo dell’esame autoptico era di accertare le cause che avevano provocato la morte, e se, nella fattispecie, il decesso fosse riconducibile alla modalità lesiva ipotizzata dagli inquirenti, ricostruendo per quanto possibile la dinamica dei fatti. Veniva richiesto inoltre di effettuare indagini chimico-tossicologiche al fine di stabilire se al momento dell’aggressione la vittima fosse sotto l’effetto di sostanze alcoliche e/o stupefacenti.
All’autopsia non si riscontravano lesioni tegumentarie che potessero essere tecnicamente definite “da difesa”. Venivano, invece, evidenziate due profonde discontinuazioni, una in corrispondenza della regione sovra claveare destra e un’altra al terzo medio del braccio sinistro, che presentavano caratteristiche tipiche delle lesioni da arma da punta e taglio.
La ferita penetrante presente in corrispondenza della regione sovra claveare destra, aveva tramite diretto dall’alto verso il basso, da laterale a mediale e dall’avanti all’indietro. Il colpo inferto con il coltello aveva provocato la lacerazione dell’arteria succlavia destra e della trachea.
La causa del decesso era quindi da identificarsi in un’acuta anemia metaemorragica (secondaria alla discontinuazione della arteria succlavia destra ed alla lacerazione al braccio sinistro), associata ad asfissia da inondamento di sangue delle vie respiratorie, conseguenza della lesione tracheale.
Gli esami laboratoristici chimico-tossicologici eseguiti sui campioni biologici prelavati dal cadavere esclusero, con elevato grado di probabilità, che la vittima, al momento dell’aggressione, fosse sotto l’effetto di sostanze alcoliche e/o stupefacenti.
A distanza di poche ore dal sopralluogo giudiziario effettuato in ospedale, ci veniva chiesto di esaminare le lesioni presenti sul mantello tegumentario dell’indagato dell’omicidio che nel mentre era stato condotto presso il locale Comando dei Carabinieri.
Il Pubblico Ministero ai sottoscritti consulenti tecnici poneva ulteriore quesito che verteva sulla necessità di procedere ad accertamenti in ordine alla natura, all’epoca, all’origine e alla eventuale presenza di tracce sulle mani del presunto aggressore, indicando se le stesse fossero conseguenza di atti lesivi posti in essere con arma da punta o da taglio (o comunque con corpi contundenti), se fossero recenti e se avessero le caratteristiche delle lesioni da difesa.
L’indagato dichiarava al personale delle Forze dell’Ordine che la colluttazione si era verificata per problematiche di natura economica e di essere stato costretto a difendersi dai calci e dai pugni inferti dal suo socio in affari. Riferiva, inoltre, di essere stato scaraventato dallo stesso contro il muro, finendo a terra e poi rialzandosi di essere stato spinto contro un mobile della cucina ove era presente il coltello che, nella foga, aveva utilizzato per colpirlo, non avendo però intenzione di uccidere.
L’ispezione corporea del presunto assassino mise in evidenza una lesività di tipo contusivo con presenza di diffuse lesioni cutanee al torace, al dorso, agli arti superiori ed inferiori, di carattere escoriativo, con margini infiltrati di sangue, quindi da considerarsi di recente produzione.
Sui medesimi distretti corporei furono evidenziate plurime lesioni ecchimotiche ed una ferita lacero contusa superficiale sul dorso del II dito della mano sinistra, anch’esse di aspetto recente ma non da riferirsi alle così dette “lesioni da difesa”.
La dislocazione topografica del coacervo lesivo delineava una situazione altamente dinamica che rese pressoché impossibile definire con precisione, dal punto di vista tecnico, la posizione reciproca tra l’indagato e la vittima. Solo le ferite presenti sul corpo del cadavere permisero di affermare, con elevata probabilità che la vittima era posta di fronte all’aggressore.