Definizione di infortunio sul lavoro
L’infortunio non viene definito dal legislatore, ma sulla scorta di autorevole dottrina può affermarsi che si tratta di un evento estraneo al lavoro, accidentale, anomalo ed imprevedibile nelle circostanze di tempo, di luogo e di modo nelle quali si è verificato. In base all’art. 2 T.U. sull’infortunio del lavoro, si può dedurre che tale nozione sia fondata sulla sussistenza di tre elementi: causa violenta, lesione, occasione di lavoro.
La causa violenta rappresenta l’elemento causale dell’infortunio. Deve intendersi qualsiasi causa (fisica, psichica, meccanica ecc.) esterna che rechi o concorra a recare danno all’organismo del lavoratore mediante un’azione rapida agente in un breve lasso di tempo. L’esteriorità della causa comporta che l’agente lesivo agisca dall’esterno sull’organismo del lavoratore.
La lesione è ogni alterazione fisica o psichica dell’organismo del lavoratore da cui deriva un’inabilità temporanea assoluta, un’inabilità permanente assoluta o parziale, la morte.
Se su questi due presupposti non ci sono grandi discussioni, il concetto più controverso risulta quello di “occasione di lavoro”. L’occasione di lavoro è l’elemento circostanziale dell’infortunio e definisce un rapporto tra infortunio e lavoro. Si realizza tutte le volte in cui lo svolgimento dell’attività lavorativa, pur non essendo la causa, costituisca l’occasione dell’infortunio, nel senso che abbia determinato l’esposizione del lavoratore al rischio del suo verificarsi. Bisogna dunque avere riguardo all’elemento del rischio professionale e della finalità di lavoro. Infatti, l’esistenza del rischio è elemento fondamentale di qualsiasi forma assicurativa. Nel caso dell’Inail sono rischi assicurati il rischio specifico e il rischio generico aggravato.
Il rischio specifico, è quello proprio dell’attività lavorativa, cioè strettamente connesso alla mansione svolta, e al quale sono esposti in maniera prevalente, se non esclusiva, gli addetti a quella mansione. Il rischio generico aggravato, invece, si realizza quando, a causa delle caratteristiche del suo lavoro, l’assicurato è esposto con maggiore facilità o frequenza a un rischio generico. Ne deriva che non è invece assicurato il rischio generico, che incombe in ugual misura su tutte le persone, indipendentemente dall’attività lavorativa. Comprendere quando possa parlarsi di “infortunio”
Delimitare la nozione di “infortunio” serve a circoscrivere la tutela assicurativa indennitaria del lavoratore.
Tuttavia, l’accertamento del nesso di occasionalità dell’evento lesivo del lavoratore con l’infortunio può risultare complesso, soprattutto nei casi di morte del lavoratore, necessitando non solo delle risultanze dell’esame necroscopico, ma anche la conoscenza precisa delle circostanze dell’evento traumatico e del successivo decorso. Peraltro, molte volte accade che – come nel caso dell’infarto – l’infortunio sia solo una concausa dell’evento lesivo che trovi altri fatto i casuali in condizioni patologiche preesistente del lavoratore.
Infarto: quando è qualificabile come “infortunio sul lavoro”?
La giurisprudenza ha da tempo affrontato la questione, finendo per riconoscere che anche la morte per infarto possa costituire infortunio e non debba considerarsi, necessariamente, una malattia (non indennizzabile nel caso di “polizze infortuni”). Segnatamente, se da un lato si è escluso che il solo fatto che l’infarto colpisca il soggetto durante il servizio non sia sufficiente al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, dall’altro si è specificato che “non è revocabile in dubbio che un infarto, anche in soggetto già sofferente di cuore ed iperteso, possa costituire infortunio sul lavoro, ma occorre la prova che tale evento, normalmente ascrivibile a causa naturale, sia stato causato o concausato da uno sforzo, ovvero dalla necessità di vincere una resistenza inconsueta o un accadimento verificatosi nell’ambito del lavoro il quale abbia richiesto un impegno eccedente la normale adattabilità e tollerabilità”. Il ruolo causale dell’attività lavorativa non è escluso da una preesistente condizione patologica del lavoratore la quale, anzi, può rilevare in senso contrario, in quanto può rendere più gravose e rischiose attività solitamente non pericolose e giustificare il nesso tra l’attività lavorativa e l’infortunio laddove, il ruolo di concausa, va attribuito anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia.
Così, ad esempio, qualora sia accertata la presenza di una coronaropatia del lavoratore, ma al contempo riconosciuta la presenza di fattori causali minori, quali un intenso sforzo fisico e l’esposizione a condizioni climatiche sfavorevoli che, in un soggetto coronaropatico, possono scatenare uno spasmo coronario o un’aumentata richiesta di sangue al miocardio, l’infarto, troverà causa in fattori esterni al soggetto, seppur concorrenti a condizioni fisiche patologiche preesistenti (cause interne).
La giurisprudenza ha, infine, chiarito che l’infarto può essere considerato come una “causa violenta” in quanto, per il suo attuarsi in un brevissimo arco temporale, ma in modo concentrato e intenso, ha il
carattere della violenza: si tratta di una rottura dell’equilibrio dell’organismo, concentrata in un breve arco temporale, che può essere causata da condizioni di sforzo e di stress fisico e, per tale motivo, integrante una “causa violenta”.
In conclusione l’infarto può essere considerato un infortunio sul lavoro, con conseguente indennizzabilità dello stesso a condizioni l’evento lesivo sia evento lesivo sia da ricollegare a specifiche condizioni ambientali e di lavoro improvvisamente eccedenti la normale adattabilità e tollerabilità, tali da integrare fattori almeno concorrenti alla produzione di una lesione organica con azione rapida ed intensa. Nessuna valenza infortunistica assume, per contro, l’effetto logorante esercitato sull’organismo, lentamente e progressivamente, da gravose condizioni di lavoro Né, parimenti, potrà rinvenirsi una eziologia lavoristica nella semplice attività di lavoro.